La notte è scesa sull’Unione. E’ con questa frase che il Washington Post sottolinea la costante frenata della vita pubblica americana ed è con questa stessa frase che Furio Colombo apre la terza giornata della quinta edizione di Passaggi Festival, sintetizza la voce di molti americani che urlano all’unisono: “Trump is not my president!”
[vc_separator type=”transparent” position=”left” color=”” border_style=”dashed” width=”” thickness=”” up=”” down=””]
Trump non è un “evento” come un altro, spiega Colombo che per anni ha lavorato come giornalista negli Stati Uniti, “un uomo che fa un discorso di 13 minuti sostenendo che sole e folla facessero da cornice al suo insediamento presidenziale mentre, in realtà, pioveva a dirotto e la piazza era deserta”.
“Trump non può governare!” tuona ancora dal palco, e aggiunge che “sostenere che Trump non può governare non è un’opinione bensì un dato di fatto”.
“L’America che l’ha votato non esiste più” continua il giornalista, che legge l’elezione di Trump anche come un contraccolpo alla presidenza Obama e una rivincita della “razza bianca suprematista”. Fin dal primo giorno in cui ha cominciato a respirare l’aria della stanza ovale, Trump, si è adoperato nella demolizione delle riforme varate da Obama, come se non ne volesse lasciarne traccia, come se tutto ciò che poteva essere ricondotto all’ex presidente, dovesse essere soppresso, soffocato. [vc_separator type=”transparent” position=”left” color=”” border_style=”dashed” width=”” thickness=”” up=”” down=””]
“Trump è un tiranno isolato, proprio come la sua politica”. Un uomo confuso, senza competenze che, come un qualsiasi imprenditore privato, ha interpretato la sua elezione come un appalto della Casa Bianca, di cui ha in pratica reso partecipe tutta la sua famiglia.
“Trump – dice Colombo – è stato eletto da molte persone che ingenuamente credevano di fare un grande colpo; eppure come è possibile che ciò sia avvenuto e che poi abbia prodotto un risultato di questo genere? Si può sempre sbagliare, ma non al punto di non voler avere più niente a che fare con la persona che s è eletta. E invece con Trump è avvenuto questo: chi lo ha votato, vorrebbe non averlo fatto”.
Furio Colombo tenta di dare una risposta, sociologica e non politica, sul motivo perché nessun esperto di sondaggi aveva previsto la vittoria trumpiana. La candidatura di Donald Trump, evidenzia il giornalista, è stata concepita come un tentativo di castigare il vecchio mondo politico, l’establishment. Incarnava al meglio quel sentimento di disprezzo e odio che intaccava l’America più profonda.
Un’altra spiegazione, forse estrema e provocatoria, potrebbe essere il desidero di prendersi gioco delle istituzioni, eleggendo “un uomo sboccato e volgare”. Da qualsiasi proposito sia nato questo falso sostegno ,oggi sembra essere stato totalmente rimpiazzato dalla delusione, in quanto il favore popolare ammonta soltanto al 40%.[vc_separator type=”transparent” position=”left” color=”” border_style=”dashed” width=”” thickness=”” up=”” down=””]
La Casa Bianca è ormai diventato un centro di raccolta di famigliari del presidente, il genero del quale è sotto inchiesta per aver intrattenuto rapporti segreti di carattere finanziario e politico con la Russia. Putin si è guadagnato una presenza in un ambiente al quale non è mai stato un invitato d’onore. Tra i pochi che non fanno parte della sua famiglia, troviamo personaggi “grigi e sconosciuti” senza un curriculum, vicini all’estrema destra americana e al fascismo europeo che, a detta di Furio Colombo, “imbarazzerebbe qualsiasi destra europea”.[vc_separator type=”transparent” position=”left” color=”” border_style=”dashed” width=”” thickness=”” up=”” down=””]
Le menzogne del neo presidente sono state pubblicate sui maggiori media statunitensi. Il New York Times ha dimostrato come “ogni giorno Trump abbia detto una bugia”, il Washington Post, dal canto proprio, sostiene di avere la prova delle interferenze russe sulle elezioni. Trump, però, esorta a non dare ascolto a tali rumors, e lo fa perfino ponendo limiti alla libertà di ricerca e di opinione del giornalismo a stelle e scrisce, da sempre uno dei più liberi del mondo. Ma proprio il fatto che i giornalisti osino tanto, ci dimostra che la percezione del pericolo è molto grande.
Colombo conclude con un ringraziamento speciale ai giornalisti americani che “non hanno mai taciuto niente e che sono un grande esempio di coraggio per i nostri colleghi italiani”.[vc_separator type=”transparent” position=”left” color=”” border_style=”dashed” width=”” thickness=”” up=”” down=””]
Testo di: Aurora Pozzi e Giorgia De Angeli