A Nando dalla Chiesa, Presidente del comitato scientifico di Passaggi, il compito di congedare il pubblico. Con lui sul palco Giorgio Santelli, Giulio Scarpati e Pif
[vc_separator type=”transparent” position=”left” color=”” border_style=”dashed” width=”” thickness=”” up=”” down=””]Conclude la quinta edizione di Passaggi festival Nando dalla Chiesa che presenta il libro “Una strage semplice”,di cui vengono letti alcuni passi dall’attore Giulio Scarpati, che intervista lo il sociologo insieme a Pif e al giornalista Giorgio Santelli. A 25 anni dall’ultimo discorso pubblico di Borsellino, l’operato dei due magistrati è ancora vivo, come dimostra la presenza di più di mille persone in piazza XX settembre.
[vc_separator type=”transparent” position=”left” color=”” border_style=”dashed” width=”” thickness=”” up=”” down=””]“Ma che cosa abbiamo fatto?” è il grido di un’Italia distrutta e sgomenta di fronte alla sconfitta assoluta, quella di Capaci del 1992. Da coloro che hanno difeso Falcone fino all’ultimo a coloro che lo hanno voluto morto si sono resi conto che ci si era spinti troppo in là, tutti scoprirono di non avere capito Falcone. Il libro, scritto a memoria, è un racconto serrato della genesi, dello sviluppo e della “conclusione” della battaglia contro la mafia, che vuole ricostruire pezzo per pezzo la verità come un puzzle. Dalla Chiesa sceglie di raccontare i fatti, come tutti li conoscono, per fare un resoconto il più lucido e obiettivo possibile, evitando di perdersi nelle ipotesi infondate e concentrandosi “su quello che c’è, che è accaduto, che è a nostra disposizione” anziché “scegliere i segreti nei cassetti”.
Intervengono Pierfrancesco Diliberto, meglio conosciuto come Pif, e Giulio Scarpati parlando della loro esperienza rispettivamente di regista e attore con la mafia. Da un lato il primo, siciliano, racconta il suo rapporto sin dall’infanzia con questa organizzazione criminale, del quale ha preso coscienza solamente una volta a Milano. Qui si rende conto che fino a quel momento aveva guardato da un’altra parte, seguendo la regola implicita dell’indifferenza e la tendenza a fingere di ignorare i crimini della mafia. Scarpati sottolinea l’importanza dei media, in particolare quelli statali, che hanno anche uno scopo paideutico, ma tendono spesso a trascurarlo. L’attore evidenzia la portata di un simile evento che paragona per drammaticità all’undici settembre e che spiega essere stato un momento di svolta, fortemente emotivo della storia italiana, egli denuncia la necessità di un fatto come questo per smuovere le coscienze italiane.
“Buscetta è il mio Virgilio che mi porta a visitare questo inferno” citando le parole di Falcone, Nando dalla Chiesa dice che questi rappresenta l’unica faccia dello Stato con la quale il pentito vuole confrontarsi, svelando tutti i segreti più inconfessabili di Cosa Nostra perché “non ci si pente con tutti”. L’autore descrive le stragi come “una forte scossa”, “una cosa immensa”, nel ’92 è nato il mito che ha aiutato l’Italia a rigenerarsi, rigenerazione però ancora incompleta.
“Ce l’ho con le commemorazioni senza memoria” perché “la memoria non può essere una piuma mentre la commemorazione sì”, dice dalla Chiesa sottolineando che è questo lo scopo del libro: fare memoria. Ma non solo ricordare, bisogna anche attivarsi per sradicare la visione folkloristica della mafia riconoscendo la sua espansione sia nel Nord Italia –sebbene si parlasse anche qui dell’operato di Falcone e Borsellino- sia nel resto di Europa, dove ancora oggi non esiste il reato di associazione mafiosa. “Io sono un artista antimafia” dice Pif, soffermandosi sul significato del termine “antimafia”: troppo spesso le persone con questo titolo vengono viste come le uniche in dovere di fare qualcosa. “Noi siciliani siamo bravissimi ad implodere”, continua spiegando che tutt’oggi molti in Sicilia prendono la mafia con troppa superficialità, ormai abituati ad essa: “Che vuoi che sia, è la terra del Gattopardo” scherza Pif imitando un suo concittadino tipo.
“Il maxiprocesso va raccontato” afferma il regista, annunciando un nuovo possibile film, poiché cambiò la percezione che si aveva della mafia anche agli occhi di coloro che fino a quel momento non avevano voluto vedere.
Terminano così, con grande partecipazione del pubblico, questi quattro giorni di festival che si concludono in continuità con l’argomento di apertura affrontato da don Luigi Ciotti, ospite insieme ai sopra citati di questa edizione per condividere esperienze e conoscenza riguardo questa piaga sociale ed economica che si sta espandendo a macchia d’olio.
Testo di Elena Angelucci, Veronica Orciari, Elisabetta Vitali
Immagini di Silvio Stelluti Scala