Venerdì 28 giugno, sul palco di Passaggi festival in piazza XX Settembre, Antonio Padellaro ha parlato del suo ultimo libro “Il gesto di Almirante e Berlinguer” (Paper First), ad intervistarlo Marino Sinibaldi (RaiRadio3). Oltre alla narrazione di un importante spaccato della storia della Prima Repubblica, l’incontro è stato caratterizzato anche da una riflessione sull’attualità, i suoi gesti politici e la disobbedienza.
L’importanza dei gesti
Durante l’intervento di Padellaro è emerso come la parola chiave del suo libro non sia né Almirante né Berlinguer “La parola chiave”- ha detto Padellaro – “è il gesto”. Purtroppo, però, secondo l’autore, viviamo in un’epoca in cui la politica è fatta troppo spesso di parole e molto poco di gesti.
Il primo gesto descritto da Padellaro nel libro sono gli incontri che si tennero tra Giorgio Almirante ed Enrico Berlinguer tra il 1978 ed il 1979: unico testimone rimasto Massimo Magliaro, all’epoca portavoce di Almirante. Le vicende narrate da Padellaro nel libro sono, pertanto, frutto di ipotesi: molte sono le parti scritte in corsivo in cui il giornalista allude a dei colloqui che in realtà non ha sentito nessun altro.
Il punto di arrivo della storia raccontata da Padellaro sono i funerali di Berlinguer. Durante i funerali Almirante attraversò piazza Venezia, venne accolto sulla soglia della sede del PCI in via delle Botteghe oscure, sostò qualche secondo davanti alla salma di Berlinguer e disse “La politica ci divideva ma io ho sempre apprezzato la figura di Berlinguer”: questo è il secondo gesto, quello che, tra l’altro, sancisce la conclusione del libro di Padellaro.
Una riflessione sul rapimento Moro
Ma cosa portò due uomini agli antipodi, che si erano fronteggiati per anni durante la guerra di liberazione e poi in Parlamento, ad incontrarsi per quattro o sei venerdì in una stanza all’ultimo piano di Montecitorio?
L’epoca di cui si parla nel libro di Padellaro indubbiamente vedeva un’Italia “spaventosa e spaventata”: erano gli anni bui del rapimento di Aldo Moro e della sua successiva uccisione. Proprio attraverso determinati “gesti”, però, il terrorismo – sostiene Padellaro- fu sconfitto e si trattò di una grande vittoria della democrazia.
Nonostante ciò il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro costituirono una grande sconfitta per la politica e non ci furono gesti che tennero di fronte all’assordante silenzio di una parte fondamentale delle istituzioni di allora. Padellaro ha affermato, durante l’incontro, che mancò proprio un gesto in quei giorni. Era un’epoca in cui tutta la stampa si rifiutava di pubblicare i comunicati delle Brigate Rosse – tutti tranne Zincone, una delle firme più note del Corriere della Sera- in linea con questo comportamento ciò non fu fatto neppure durante il rapimento Moro. Ma il momento più drammatico – sostiene Padellaro– fu quando una mattina, di fronte ad un’ennesima lettera in cui Moro chiedeva di fare qualcosa, di intervenire, il discorso fu dirottato verso una nuova presa di posizione: Moro non era più Moro ma “era cambiato” sotto la pressione psicologica di ciò che gli stava accadendo, questo fu il messaggio che si volle far passare. Si trattò di un momento drammatico, non solo per la storia personale di Aldo Moro, ma per quella dell’intero Paese: “le istituzioni ma anche la stampa furono vittime di un conformismo che si mostrò spietato nei confronti di un uomo”. In ogni caso bisogna ricordare come ci fu un giornalismo che non si piegò a questo diktat e non si rifiutò di fare il proprio mestiere: quello, per l’appunto, di Giuliano Zincone.
Un inevitabile parallelismo tra la politica che fu e quella che è
“Non sono un cultore del bel tempo che fu ma il rispetto dello Stato, delle istituzioni, quello non c’è più”- afferma Padellaro nell’approcciarsi ad un inevitabile parallelismo tra la politica di allora e quella odierna.
Molti dei leader politici che popolano il libro di Padellaro si erano formati nel periodo della resistenza al fascismo. La politica era, allora, un punto d’arrivo. La politica, oggi – afferma Padellaro– ha perso quello smalto che aveva perché ha perso anche quella natura di traguardo, di punto d’arrivo. Chi potrebbe candidarsi perché portatore di conoscenze non lo fa anche per questo motivo. Il risultato è, inevitabilmente, una classe dirigente impreparata. Il problema è che, più che mai, abbiamo bisogno di politici preparati e competenti anche in grado di compiere gesti forti e che si propongano di fare il bene comune, nell’interesse esclusivo della comunità e non solo sotto la luce delle telecamere, non solo sotto lo sguardo degli utenti di tweeter.
La disobbedienza civile
Durante l’incontro si è parlato anche di disobbedienza civile sull’onda degli eventi più recenti che hanno visto coinvolta la capitana della Sea Watch 3 Carola Rackete. Padellaro parte da ciò che potrebbe allontanare il gesto della capitana da quello descritto nel libro: “a differenza del gesto di unione tra Almirante e Berlinguer il gesto di Carola è divisivo”. Ma la verità -continua- è che ogni gesto politico è potenzialmente divisivo. La domanda da porsi è, piuttosto, quale sia la condizione per cui un gesto sia considerato un gesto politico. La parola chiave è priorità. Cosa viene prima: la priorità all’epoca di Almirante e Berlinguer era la lotta al terrorismo. Porre delle priorità scavalcando tutto il resto diventa essenziale in alcuni momenti storici. Venendo ad oggi qual è stata la priorità della capitana? La salvezza delle vite in mare. Si tratta di una priorità assoluta: la vita umana viene prima di tutto, prima delle leggi sulla sicurezza, prima delle convenienze politiche. “La qualità della politica sta proprio in questo: nel rendersi conto che 40 esseri umani non possono essere lasciati per più di 15 giorni a friggere sotto il sole. Chi lascia che questo accada compie un’infamia e questo non può funzionare in un Paese grandemente generoso come l’Italia. Matteo Salvini ha detto che quelle persone sarebbero potute restare lì fino a natale. Questa frase” -sostiene Padellaro – “è una mascalzonata. È vero che il fenomeno dell’immigrazione è stato un fenomeno per troppo tempo incontrollato. Ma niente tiene di fronte alla sofferenza degli esseri umani. Questa ragazza sta dando una lezione di democrazia a queste persone: ciò che si potrebbe definire un grande gesto politico.”