Il giorno 24 Giugno, in occasione di Passaggi Festival, nella meravigliosa chiesa di San Francesco Umberta Telfener psicologa, epistemologa, docente di psicologia, ha presentato il suo libro “Primi amori: uno, nessuno, centomila” che analizza il fenomeno del primo innamoramento attraverso storie concrete e di come questo si sia evoluto con il passare del tempo. L’esposizione nel libro è stata sostenuta dalla conversazione con Clelia Raffaele e Lorenzo Pavolini.
Un libro di relazioni partorito durante la pandemia
Un libro la cui protagonista è la relazione con l’altro nasce paradossalmente durante il lockdown, dunque in un periodo di limitanti costrizioni che gravavano sulla quotidianità e azzeravano qualsiasi rapporto umano. È stato il Lockdown, ammette Umberta, ad averla convinta a scrivere “I primi amori”. “C’è bisogno di parlare d’amore di questi tempi” esordisce lei, aggiungendo anche che è stato consolatorio comporre il suo libro, in quanto durante il giorno si intratteneva in chiamate Zoom o Skype per parlare di un tema che da generazioni scalda il cuore: il primo amore. Ovviamente la ricerca e in seguito la raccolta di storie da inserire all’interno del suo saggio si è estesa anche dopo il periodo di chiusura forzata: il risultato finale è un saggio di psicologia molto vicino al romanzo, in cui si intrecciano molteplici narrazioni riguardo il primo amore, ed è interessante notare come ognuno di noi si rispecchi in determinate storie e punti di vista, perché l’amore è universale e non ne possiamo fare a meno.
I primi amori in realtà sono due: approfondendo la psiche dell’innamorato
Alla domanda “parlami del tuo primo amore” si ramificano tre tipologie di atteggiamenti: Il primo tipo appartiene alle persone molto romantiche, a cui si illuminano gli occhi solo al pensiero della persona in considerazione, per poi intraprendere una narrazione spassionata e travolgente. Il secondo tipo afferma che “Ogni amore è un primo amore”, mentre il terzo tipo esordisce dicendo che l’amore è uno sconosciuto, è inutile, uno mero strascico di idealizzazione antica che fa soffrire.
Ma diversi individui hanno anche risposto “posso raccontarne due?”. L’autrice ascolta attentamente e trae poi le conclusioni: effettivamente nella vita si inciampa in due tipi di sentimenti, entrambi talmente importanti da essere inglobati nella definizione “primi amori”. Il primo viene denominato dalla Telfener “Risveglio emotivo” , dunque quella fase in cui i sentimenti per la prima volta bussano alla porta, un innamoramento delicato, adolescenziale e ingenuo. Il secondo tipo viene apostrofato come “amore travolgente, composto da lacrime e sangue” , quindi una relazione più matura e passionale.
I giovani hanno paura di soffrire: a cosa è dovuto?
Clelia nota come la nuova generazione sia più restia ad entrare in intimità sentimentale, non solo fisica. È come se i giovani avessero paura di esporsi troppo, di lasciarsi travolgere da questo sentimento perché potrebbe disintegrarli e metterli troppo in discussione; Molte persone, inoltre, scindono l’aspetto amoroso da quello sessuale, incanalando dunque un’idea frammentata dell’amore. A cosa è dovuta questa “crisi emotiva”? Lorenzo Pavolini avanza un’ipotesi: probabilmente influisce l’ambiente famigliare che in quest’epoca moderna è spesso diviso, ricostruito, travagliato. La Telfener concorda con lui, esaminando due fenomeni che si creano in seguito alla frequente frammentazione famigliare: il primo caso vede coinvolta una giovane coppia che porta il proprio sentimento all’esasperazione, fino a creare una “mini famiglia” totalmente inopportuna per l’età di entrambi. Il secondo estremo esaminato vede protagonista ragazze o ragazzi che passano da una storia all’altra con poca serietà, e il nuovo partner che ne ha paura.
Particolari e dettagli come cemento per una relazione longeva
Ma l’effettiva causa del fenomeno riportato precedentemente è individuabile nel fatto che i giovani conducono amori non adeguatamente ragionati, in quanto accecati dalla voglia di fare tante esperienze evitando il dialogo riguardo il loro rapporto. Il cemento per una relazione sana sono i particolari, i dettagli: ci si deve innamorare di quelli, non delle esperienze che si condividono insieme. “Ad amare si impara” esordisce la donna, spiegando che da adulti si è più solidi e si ha meno paura di entrare nelle relazioni. Aggiunge anche che le persone più anziane, quindi provenienti da generazioni ormai passate, non coltivavano quella paura che sopravvive nei giovani d’oggi: l’amore che circolava diversi anni fa non era quasi mai fisico, ma idealizzato e non concluso.
Differenze tra maschi e femmine nell’innamoramento: amare è sinonimo di soffrire?
In ogni storia riportata la donna volutamente sceglie di inserire il sesso del narratore, in quanto è possibile notare come sussistano sostanziali differenze nella fase dell’innamoramento tra maschi e femmine. La domanda riguardo ciò viene posta da Lorenzo Pavolini, e Umberta Telfener spiega che la differenza più importante è che le donne tendono maggiormente a vivere un’idealizzazione dell’amore a cui rimangono legate per anni, mentre gli uomini tendono a non applicare questo processo. L’autrice afferma che per le donne è una forma quasi erotica quella di soffrire per amore, erroneamente passa il messaggio che amare sia sinonimo di struggersi, quando effettivamente non è così: un amore che funzioni fa crescere, rimanere ancorato all’idea di una persona che ormai non fa più parte della tua vita blocca il tuo percorso di crescita personale.
La fusione di coppia è dannosa
Lorenzo Pavolini pone una lecita domanda: ”Diventare una cosa sola, fondersi con l’amato, è una cosa sana?” La Telfener apostrofa questo fenomeno come “idealizzazione narcisista”, la fusione è psicologicamente dannosa: afferma che nella relazione è necessario essere due persone distinte, al massimo tre, in quanto il terzo elemento sarebbe identificabile nella relazione vista dall’esterno. Siamo noi singoli che portiamo qualcosa nel rapporto di coppia, dunque è importante custodire quel sottile confine che ci differenzia dall’altro.