Giovedì 23 giugno il filosofo Maurizio Ferraris, professore presso l’Università di Torino, ha presentato, nell’ambito della rassegna I sandali del filosofo, il suo ultimo saggio “Documanità. Filosofia del mondo nuovo”, edito da Laterza. Con lui ha conversato il filosofo e giornalista Armando Massarenti.
Il nuovo capitale: i dati
“Documaità” è un trattato, un genere apparentemente vetusto per la trattazione della filosofia. Maurizio Ferraris indaga però il mondo di oggi e lo fa con un approccio limpido e chiaro. Il nuovo capitale è rappresentato dai dati. Il nostro utilizzo del cellulare consiste in una forma di mobilitazione, non ci lascia inerti come quello del televisore, di fronte al quale spesso ci capita di addormentarci. Ogni nostro contatto con il digitale lascia una traccia: per poter codificare un messaggio questo deve essere prima registrato. Ciò che conta del web è la docu-sfera, ovvero il mare di dati che vengono registrati mentre noi cerchiamo informazioni. È questa che costituisce il plusvalore ottenuto dalle piattaforme del web, che si arricchiscono attraverso la registrazione delle forme delle vite umane. L’info-sfera è solo l’attrattore che ci spinge ad utilizzarle, la ricchezza sta nella docu-sfera. Anche l’acronimo ICT, (Information and Communication Technologies) è fuorviante: l’elemento eccezionale del web non è la comunicazione, ma la registrazione.
Raccolta dei dati non significa sorveglianza
Sentiamo frequentemente parlare di capitalismo della sorveglianza, sostenendo che le piattaforme di cui usufruiamo sul web ci sorvegliano e derubano. La sorveglianza è un costo e queste piattaforme non hanno alcun interesse a sorvegliarci, non è di certo questo il loro fine. Se compriamo un kalashnikov su Amazon, il grande sito di commercio online non lo comunica ai carabinieri. Semplicemente il giorno seguente ci mostrerà pubblicità di bombe e pistole. Le piattaforme commerciali guadagnano dalla registrazione dei nostri dati, ma non ci spiano. “Perché Google dovrebbe interessarsi di noi?” Ciò che interessa loro sono solo dati aggregati, una raccolta dei comportamenti delle persone che permette di ottenere un’autentica conoscenza del mondo sociale. Diverso è il caso della Cina che ha invece nazionalizzato le piattaforme e socializzato il vantaggio dei dati.
Un mondo basato sui bisogni
Il patrimonio prodotto sul web non è meritocratico: guardare un’intera stagione di una serie tv su Netflix crea lo stesso valore che produce un’integrale lettura della “Critica della ragion pura” di Kant su Google Books. In un mondo che ruota attorno alla produzione le capacità contano molto, mentre in un mondo che mette al centro il bisogno queste perdono di significato. Creando un sistema di restituzione all’umanità del valore che questa produce in quanto portatrice di bisogni, si può realizzare il principio “da ognuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i propri bisogni”.
Il consumo
Maurizio Ferraris sostiene che se il servizio è gratis tu ne sei il produttore, non il prodotto, come si afferma solitamente. Il consumatore è infatti attivo, persino quando appare passivo: produce sempre informazioni. Attraverso il consumo siamo continuamente chiamati ad essere produttori di valore. Ci viene chiesto di valutare i servizi di cui usufruiamo, di lasciare una recensione, ma anche la semplice registrazione del nostro comportamento sul web rappresenta produzione di valore. L’unica cosa che le macchine non possono “rubare” agli uomini, l’unica azione che non può essere automatizzata è proprio il consumo. Ad esempio, non avrebbe senso creare una macchina per consumare pizza.
La capitalizzazione: l’essenza dell’umano
Nel secolo scorso si pensava che sarebbe scomparso il capitale, soppiantato dal trionfo della forza lavoro. È successo esattamente il contrario. Oggi le macchine stanno sostituendo l’uomo automatizzando il lavoro. Non bisogna però incorrere nell’errore di pensare che questa sia una situazione negativa. Il capitale non deve essere demonizzato, sono possibili capitalizzazioni alternative e positive. Un esempio potrebbe essere proprio la capitalizzazione dei dati per creare valore da redistribuire attraverso l’azione delle strutture intermediarie, come le banche, che oggi stanno vengono sempre più sostituite dal web. Dovremmo riappropriarci del valore che i nostri dati producono, come permette anche la normativa europea, che riconosce ad ogni cittadino il diritto di richiedere alle piattaforme i propri dati raccolti.
La capitalizzazione è l’essenza dell’umano: l’uomo diventa umano quando inizia ad utilizzare un oggetto che gli permette di potenziare le proprie forze e capacità. Dobbiamo avere una visione del capitale non circoscritta a quella di “capitale rapace” e separarci dall’esaltazione dell’homo faber. Maurizio Ferraris ha concluso la sua presentazione affermando scherzosamente: “smettiamola di lavorare e facciamo tutti i capitalisti!”.