Il naturalista britannico Charles Darwin con la sua teoria ha messo in discussione l’origine delle specie e quindi anche di noi uomini. Il suo lavoro, esposto nell’opera “L’Origine della Specie” portò con sé una carica rivoluzionaria paragonabile a quella della teoria Copernicana. Inoltre basandosi esclusivamente sulle osservazioni dei dati raccolti, la sua teoria è un ottimo modello di applicazione del metodo scientifico.
Una famiglia di menti brillanti e anticonformiste
Ogni anno il 12 febbraio si festeggia il Darwin Day. Proprio in questo giorno, nel 1809, in una cittadina inglese di nome Shrewsbury nacque l’autore di una delle più importanti teorie dell’800. Figlio del medico Robert Darwin e dell’ereditiera Susannah Wedgwood, su di lui ebbero preziose influenze sia il nonno paterno, Erasmus Darwin, che il nonno materno Josiah Wedgwood. Erasmus era infatti un filosofo, medico e naturalista; Josiah era un ricco industriale. Entrambi erano accomunati da interessi come l’attivismo politico, la filantropia e le riforme sociali, a dimostrazione di quanto l’ambiente familiare fosse di alto rango, ma vivace e aperto.
La passione per la storia naturale
Durante la scuola elementare lesse un’opera del naturalista Gilbert White di cui rimase affascinato. Iniziò così varie collezioni di minerali, insetti e sviluppò interesse per gli uccelli.
Nel 1818 passò alla scuola secondaria di Shrewsbury dove venne messa in luce la sua predisposizione alla geometria e alla matematica e d’altra parte il suo scarso interesse per le materie letterarie. Così nel 1825 il padre lo iscrisse alla facoltà di Medicina e Chirurgia di Edimburgo.
Dopo due anni abbandonò questo percorso, sentendosi poco adatto per la chirurgia mal tollerando le dissezioni a cui assistette. Ad Edimburgo ebbe modo di frequentare le lezioni di ornitologia e di svolgere ricerche imbarcandosi con i pescatori locali.
Dopo l’abbandono di medicina, il padre lo mandò a Cambridge per intraprendere la carriera ecclesiastica. Questa si rivelò del tutto inadatta alle sue attitudini, in quanto sentiva di perdere tempo. Ma la permanenza a Cambridge gli fece conoscere due figure scientifiche rilevanti per la sua vita: l’entomologo e botanico John Stevens Henslow e il filosofo e mineralogista William Whewell.
A Cambridge Charles Darwin si diplomò nel 1831. Nel frattempo la passione ormai conclamata per la storia naturale lo spinse ad approfondire gli studi e a recarsi in Galles con un geologo per alcune ricerche.
Il Beagle: l’occasione che cambia la vita
Di ritorno dal Galles, gli arrivò una lettera che lo invitava a partecipare come ricercatore scientifico alla spedizione del brigantino Beagle. Un’occasione del tutto unica e irripetibile.
Il naturalista designato aveva infatti disdetto la sua partecipazione, così il professor Heslow aveva scritto a Charles Darwin incoraggiandolo a partecipare assicurandogli la sua raccomandazione al capitano Robert Fitzory . La spedizione non aveva limite temporale: essendo a scopo scientifico Darwin avrebbe avuto tutte le comodità per svolgere le sue ricerche.
Non ci sarebbe stato però alcun ritorno economico, così il padre lo convinse a declinare l’offerta. Inviata la lettera di diniego, fece una battuta di caccia con lo zio Josiah Wedgwood che lo illuminò sull’importanza di questa occasione e convinse sia lui che il padre di Darwin ad accettare.
Il viaggio iniziò nel 1831 e fu una vera e propria peregrinazione per il mondo che permise a Darwin di raccogliere dei dati direttamente sul campo e soprattutto di sviluppare delle capacità di osservazione e di analisi davvero elevate. “Il mio successo come uomo di scienza, qualunque esso sia stato, è dovuto, mi sembra, a diverse e complesse qualità e condizioni intellettuali. Le più importanti […] gran diligenza nell’osservare e raccogliere dati di fatto”.
Osservazioni in viaggio ed interpretazioni al ritorno
Il viaggio lo portò a Capo Verde, nelle isole Falkland, in Sud America, Australia e nelle Galapagos. Raccolse vari campioni sia fossili che viventi di varie specie animali. Di ritorno dal viaggio, nel 1836, iniziò ad analizzarli e si accorse che c’erano somiglianze tra i fossili e i viventi della stessa area geografica. Inoltre notò che ogni isola delle Galapagos aveva la sua specie di tartarughe e la sua specie di uccelli che differivano per varie caratteristiche. Darwin, aiutato dagli ornitologi del British Museum, capì che le varie specie di uccelli erano in realtà appartenenti ad un’unica sottospecie della famiglia a cui appartengono i comuni fringuelli. Tale osservazione, unitamente ad altre teorie come quella economica di Malthus, gli fece pensare che ogni specie non è frutto singolo della creazione divina ma che vi è un antenato comune da cui deriva. Ad esempio le tartarughe delle Galapagos hanno origine da una stessa tartaruga, ma poi si sono adattate alle condizioni delle diverse isole sviluppando singole peculiarità.
Charles Darwin e la teoria dell’evoluzione
Nonostante il germe della sua teoria si sviluppò un anno dopo il ritorno dal viaggio, cioè nel 1836, Darwin decise di raccogliere altre prove per altri quindici anni prima di rendere pubblica la sua teoria.
Il 24 novembre 1859 pubblicò la sua teoria nell’opera “L’Origine delle Specie”. In questo libro estremamente rivoluzionario affermava che ogni specie è frutto dell’evoluzione di specie precedenti:
“lo sono pienamente convinto che le specie non sono immutabili; ma che tutte quelle che appartengono a ciò che chiamasi lo stesso genere, sono la posterità diretta di qualche altra specie generalmente estinta.”
La lotta per l’esistenza e la selezione naturale
Darwin riprese le teorie di Malthus, secondo cui ogni specie vivente se lasciata riprodurre senza controllo potrebbe farlo all’infinito e cercò di spiegare la causa delle limitazioni di numero. Darwin la identificò nel concetto di ‘lotta per l’esistenza’ sia tra membri di specie diverse che tra membri della stessa specie.
A vincere questa lotta sono i membri della specie che sviluppano delle variazioni e quelle più consone all’adattamento a particolari condizioni.
“Questi adattamenti stupendi […] esistono nel più umile parassita che si attacca al pelo del mammifero e alle penne di un uccello, nella struttura del coleottero che si tuffa nell’acqua, nel seme alato che viene trasportato dalla brezza più leggera: in una parola, noi vediamo delle armonie meravigliose nell’intero mondo organico e nelle sue parti.”
Inoltre le leggi dell’ereditarietà permettono che queste variazioni favorevoli vengano ereditate e si accumulino nelle generazioni.
La sopravvivenza è quindi legata all’eredità della variazione più favorevole. Questo concetto venne chiamato da Darwin ‘selezione naturale’.
“Finalmente io sono convinto che l’ elezione naturale sia, se non l’unico, almeno il principale mezzo di modificazione”.
Scontro tra ideologie
La teoria di Charles Darwin è in forte antitesi con il creazionismo, che vede Dio come l’artefice della varietà di specie. La Chiesa Anglicana non capì la sua teoria e si scusò ufficialmente solo nel 2009. Secondo Darwin è la natura che selezionando le variazioni più favorevoli crea le varie specie. Attraverso i fossili Darwin riuscì a vedere migliaia di anni di lavoro di selezione, che lentamente modificava le specie per adattarle alle nuove caratteristiche.
Grazie al supporto dei numerosi dati raccolti, la sua teoria venne ben accolta dal mondo della scienza. Charles Darwin divenne membro della Royal Society nel 1839. Lo stesso anno si sposò con Emma Wedgwood, da cui ebbe dieci figli. Nonostante il successo della teoria, Darwin non si atteggiò mai come uno scienziato ateo e fedele solo a leggi razionali. Si interrogò a lungo sulla fede cristiana fino alla sua morte, che avvenne il 19 aprile 1882, accompagnata da una leggenda secondo cui si sarebbe convertito proprio negli ultimi momenti di vita.
In una lettera del 1860, Charles Darwin scriveva: “Non posso per niente accontentarmi di vedere questo meraviglioso Universo e soprattutto la natura dell’uomo e di dedurne che tutto è il risultato di una forza cieca. Sono incline a vedere in ogni cosa il risultato di leggi specificamente progettate, mentre i dettagli, buoni o cattivi che siano, sono lasciati all’azione di ciò che si può chiamare caso.
Non che questa opinione mi soddisfi del tutto. Percepisco nel mio intimo che l’intera questione è troppo profonda per l’intelligenza umana. È come se un cane tentasse di speculare sulla mente di Newton, ognuno speri e creda come può“.
Ripercussioni della teoria darwiniana
L’impatto della sua teoria ha molteplici conseguenze che evadono dal campo scientifico. In primis sorge una nuova spiegazione dello stato attuale del mondo, cioè “una cosa non è così perché non poteva essere altro che così, ma è così perché gli avvenimenti che si sono succeduti nel passato la hanno portata a essere così”, come scrive Edoardo Boncinelli, genetista italiano. Inoltre ha permesso di capire che il mondo è molto più longevo di quanto si credesse, cioè ha miliardi di anni dietro di sé.
Ma la conseguenza che ha maggior impatto sulle coscienze è il fatto di dover riconsiderare il nostro ruolo in quanto uomini: “Oltre ad aver dovuto rinunciare a essere al centro dell’universo- perché la Terra non è che uno dei tanti pianeti che orbitano a una delle tante stelle che vagano per il cosmo-, abbiamo dovuto abdicare al privilegio di una posizione centrale nel mondo del vivente: non siamo che una delle tante specie che sono apparse e appariranno su questo palcoscenico.”
Anonimi ma non umili
La teoria darwiniana ha riassegnato le parti dello spettacolo della natura e ne è risultato che non siamo più i protagonisti indiscussi. Questo però non deve sminuirci, come afferma Edoardo Boncinelli: “La nostra origine, anonima ma non necessariamente umile non ci ha impedito di creare una civiltà senza uguali e di poter parlare dell’universo stesso, senza paura di nulla e di nessuno: se guardiamo da dove siamo venuti e dove siamo arrivati non possiamo che provare un brivido di legittimo orgoglio. Che poi è la base di ogni umanesimo, ogni fratellanza umana.”