Dal 2015 l’ONU ha scelto l’11 febbraio per celebrare le donne e le ragazze nella scienza.
Questa data è stata istituita “al fine di ottenere pieno e uguale accesso e partecipazione alla scienza per le donne e le ragazze e raggiungere ulteriormente la parità di genere e l’emancipazione”.
Alcune stime
Nel biennio 2014-2016 i dati dell’Unesco hanno riportato che solo il 30% di tutte le studentesse a livello mondiale sceglie materie scientifiche come scienze, tecnologia, ingegneria e matematica che vengono dette discipline STEM.
La probabilità che una donna si laurei in una materia scientifica è pari al 18%, contro il 37% riferito agli uomini. Inoltre tra i ricercatori, solo il 28% è donna.
A volte questo non è dovuto solo ad una scelta della donna, che preferisce intraprendere altre carriere, ma ad un fenomeno di esclusione o troncamento della carriera legato a barriere di origine o razziale o sessuale.
È il cosiddetto “soffitto di cristallo”: un ostacolo invisibile che si frappone tra la persona e l’avanzamento di carriera.
L’importanza delle pari opportunità
L’ esigenza di dare alle donne pari opportunità ce la suggeriscono sia i numeri, quindi stime reali, ma anche le previsioni.
Nel Global Gender Gap Report si legge che per “raggiungere una totale parità economica e di opportunità tra uomini e donne ci vorranno ancora 108 anni. […].
Se riuscissimo a colmare il gender gap del 25%, il Pil mondiale aumenterebbe di 5.300 miliardi di dollari”.
Inutile negare che il divario, pur essendo accentuato in campo scientifico, è presente anche in altri ambiti e che ridurlo gioverebbe alla nostra società più di quanto pensiamo.
Premi Nobel in rosa
Quantificando i premi Nobel assegnati fino al 2019, solo 20 sono andati a donne: tre per la fisica, cinque per la chimica, dodici per la medicina.
Agli uomini, invece, sono stati assegnati 585 premi Nobel in campo scientifico.
Tra le donne premi Nobel va ricordata Marie Curie, che rappresenta un decimo di tutti i premi Nobel femminili, avendone ricevuti ben due: uno per la fisica nel 1903, assieme al marito Pierre Curie, e uno per la chimica nel 1911.
Uno dei dodici premi Nobel per la medicina è stato assegnato a Rita Levi Montalcini, per le sue scoperte sul Nerve Growth Factor.
Proprio lei affermava: “La donna è stata bloccata per secoli. Quando ha accesso alla cultura è come un’affamata. E il cibo è molto più utile a chi è affamato rispetto a chi è già saturo”.
Dichiarava inoltre di aver risentito molto dell’ambiente vittoriano in cui è cresciuta, “poiché sapevo che le nostre capacità mentali – uomo e donna – son le stesse: abbiamo uguali possibilità e differente approccio”.
Donne scienziate, un binomio possibile
Visti i dati non molto confortanti sulla situazione delle donne nel mondo scientifico, è necessario mostrare l’altra faccia della medaglia: donne che si sono distinte in ambito scientifico dimostrando che, il contributo ad indagare il mondo che ci circonda, a risolverne i problemi, o a capirne il funzionamento, può derivare da entrambi i sessi e che non ce ne è uno più adatto e uno meno.
Donne come Ada Lovelace, matematica britannica che creò il concetto di algoritmo.
Rosalind Franklin che diede un grande contributo alla scoperta della doppia elica di DNA, ma il suo lavoro venne usato da parte di Watson e Crick e solo trent’anni più tardi se ne capì l’importanza.
Margherita Hack, famosa astrofisica che affermava: “Dove sta scritto che (le donne) devono occuparsi delle faccende domestiche? Questo aveva un senso una volta, quando solo l’uomo lavorava fuori casa, ma oggi non lo ha più. Credo siano succubi di una tradizione lunga a morire.”
Amalia Ercole Finzi, ingegnera aerospaziale consulente NASA che rivela la sua regola “dei tre metalli: nervi d’acciaio, salute di ferro e marito d’oro”. Quando si iscrisse al Politecnico di Milano le donne del suo corso erano 5 su 650.
Fabiola Giannotti, di recente riconfermata direttrice del CERN di Ginevra, che rimase colpita dalla biografia di Marie Curie e dalle spiegazioni dell’effetto fotoelettrico di Einstein e ciò la spinse ad intraprendere la carriera di fisica.
Samantha Cristoforetti, ingegnera aerospaziale e prima donna italiana nell’equipaggio dell’Agenzia Spaziale Europea.
Tutti questi nomi sono solo un piccolo estratto e omaggio a donne scienziate del passato e del presente, a cui bisogna ispirarsi ogni volta in cui viene detto che le donne non sono all’altezza.
Un esempio recente
Tutti hanno sentito parlare del recente isolamento e sequenziamento del Coronavirus presso il laboratorio di Virologia dell’Ospedale Spallanzani di Roma.
Il team responsabile della scoperta è principalmente femminile:
- la direttrice del laboratorio Maria Rosaria Capobianchi laureata in Scienze Biologiche e specializzata in Microbiologia.
- Francesca Colavita ricercatrice a tempo determinato fino al 2021 che ha lavorato in Sierra Leone e Liberia per contrastare l’emergenza Ebola.
- Concetta Castilletti responsabile dell’Unità Virus emergenti.
Le tre donne assieme ai colleghi Fabrizio Carletti e Antonino Di Caro hanno fornito in tempi record l’identikit di un potente nemico dei nostri giorni e ciò permetterà di facilitare la ricerca di nuove strategie terapeutiche, ma anche di test diagnostici più efficaci.
L’intera vicenda rappresenta un esempio valido di quanto la scienza possa essere anche donna.
Apre inoltre un altro tema: l’eccellenza della ricerca italiana e la necessità di finanziarla il più possibile, ma questo meriterebbe un’altra trattazione.
Eventi e idee di lettura
In occasione della giornata dell’11 febbraio, ci saranno numerosi eventi per citarne alcuni:
- l’Università di Padova, presso Palazzo Bo, terrà un incontro che tratta del binomio donne e scienza.
- A Genova, presso la Biblioteca Guerrazzi, verranno esposti dei libri inerenti la tematica.
- Presso il Museo di Storia Naturale di Venezia verranno raccontate le biografie di alcune figure femminili che hanno rivoluzionato la ricerca scientifica attraverso una serie di ritratti illustrati.
- L’Università Sapienza di Roma ha organizzato una giornata per condividere dati e discutere azioni positive attraverso il confronto con altre realtà nazionali e internazionali sul tema della disparità di genere nella scienza.
All’edizione 2018 di Passaggi Festival, dedicata alle donne, è stato presentato il libro di Vichi De Marchi e Roberta Fulci “Ragazze con i numeri” che racconta le storie di 15 donne scienziate, della loro lotta allo stereotipo di genere.
Adatto alle giovani ragazze, per alimentare in loro il coraggio di intraprendere una strada consona alla loro passione, con la speranza che il panorama cambi e che lo stereotipo di genere sia solo un vecchio ricordo.
L’11 febbraio è dedicato a tutte coloro che fanno o faranno parte del mondo della scienza e che dovrebbero ricordarsi sempre ciò che dice Sandra Savaglio, ordinaria di astrofisica presso l’Università della Calabria:
“Non pensate mai di essere inferiori a nessuno, a prescindere. Quello che conta è che voi crediate in voi stesse, e andare avanti, sempre, perché solo così si può raggiungere l’obbiettivo. Mantenete comunque il modo di essere donne: mai aggressive o arroganti, ma ambiziose, perché l’ambizione non è un male nella ricerca, anzi: è una necessità”.