“Nel 1944, quando fummo deportati a Birkenau, ero una ragazza di quattordici anni, stupita dall’orrore e dalla cattiveria. Sprofondata nella solitudine, nel freddo e nella fame. Non capivo neanche dove mi avessero portato: nessuno allora sapeva di Auschwitz.”
Con queste parole la senatrice a vita e Premio Passaggi 2018 Liliana Segre ci racconta l’inizio della
“tempesta devastante”, in ebraico Shoah, che portò a guerra ormai conclusa allo sterminio senza
precedenti di 6 milioni di ebrei.
Una colpa comune
Ma come è potuta nascere un simile atto di violenza inaudita e totalmente gratuita?
Il tutto non fu, come molti ritengono, opera del piano di un singolo individuo. Il merito più grande di Adolf Hitler è quello di aver saputo convincere e poi coinvolgere una nazione intera, quella tedesca appunto, portando tutti i cittadini a credere che la soluzione da lui adottata fosse quella che più si addiceva ai tempi e che avrebbe portato alla rinascita egemonica di un paese ridotto in ginocchio dopo la sconfitta nel primo confitto mondiale.
Il popolo ebraico divenne il capro espiatorio, erano loro i colpevoli della crisi della nazione tedesca e, nell’ottica nazista, liberarsi di loro avrebbe comportato la creazione di una razza perfetta, quella ariana.
Le rivelazioni del dopo guerra
La reale entità della tragicità dei piani adottati dal Führer venne alla luce solo diversi anni dopo la fine ufficiale del secondo conflitto mondiale.
Nessuno sapeva dell’esistenza dei cosiddetti campi di concentramento e, d’altro canto, le autorità tedesche avevano taciuto il “piano di sterminio finale” per non attirarsi il biasimo generale.
Fu uno shock grandissimo per la Germania: la scoperta della violenza perpetrata assimilò il popolo tedesco ad automi senza valori etici e, ancora oggi, la questione è molto sentita nel paese e sono gli stessi tedeschi a insistere sul ruolo fondamentale della memoria.
Come si può ricordare tutto questo dopo tanti anni e dopo che si sono verificati innumerevoli nuovi soprusi?
Come si può rendere giustizia alla sofferenza di chi ha vissuto nei campi di concentramento
assistendo allo svilimento dell’umanità della propria persona?
Il ritorno dell’antisemitismo
Ora come mai abbiamo il dovere di trasformare anche la nostra quotidianità in un continuo ricordare gli orrori del passato, in un momento storico in cui sembrano avere nuova vita atti di violenza antisemita e manifestazioni che inneggiano a principi nazisti e fascisti.
Come è possibile che ancora nel XXI secolo ci si scagli con ferocia contro un popolo accusandolo di essere la panacea di tutti i mali? Cosa mai può spingere l’essere umano a desiderare la sofferenza di qualcuno che è simile a sé?
Così dicendo ci riferiamo sia ad episodi drammatici come l’attentato ad una sinagoga ebraica di Halle nel giorno dello Yom Kippur (importante festività ebraica), sia ad atti vandalici che nascondono un forte messaggio d’odio, come quello verificatosi recentemente a Mondovì dove il figlio di Lidia Rolfi, sopravvissuta ai lager, ha ritrovato la scritta “Juden hier” (“Qui ci sono ebrei”) disegnata con le bombolette sul muro della sua abitazione.
I libri e i film: per mantenere la memoria
“Coltivare la Memoria è ancora oggi un vaccino prezioso contro l’indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare”
(Liliana Segre).
I mezzi di cui disponiamo oggi ci offrono innumerevoli canali di informazione e ci aiutano a conservare il ricordo dei diversi eventi storici, soprattutto quelli legati alla tematica dell’olocausto.
Numerosi sono i libri disponibili, adatti alle più diverse fasce d’età. Per iniziare a conoscere la realtà di questo periodo storico, sono consigliati volumi per i più piccoli che presentano grandi esempi quali “La corsa giusta” di Antonio Ferrara che ci parla del ciclista Gino Bartali o che propongono importanti testimonianze come “Finché la mia stella brillerà” di Liliana Segre o romanzi come “Quando Hitler rubò il coniglio rosa” di Judith Kerr.
Per i più grandi non possiamo non ricordare Primo Levi con i suoi “Se questo è un uomo”, ormai
considerato un classico italiano e “La tregua”, “L’amico ritrovato” di Fred Uhlman e “La banalità del bene. Storia di Giorgio Perlasca” di Enrico Deaglio.
Per gli appassionati del cinema segnaliamo il film da Oscar interpretato e diretto da Roberto Begnini, “La vita è bella”, accanto al conosciuto “Il bambino con il pigiama con il pigiama a righe”.
Riguardo invece agli eventi successivi alla conclusione del conflitto e che portarono alla luce la realtà dei lager proponiamo “Il labirinto del silenzio” diretto da Giulio Ricciarelli.
A Teatro, un appuntamento per la giornata della memoria con Rai Radio 3
Chi si trova a Roma, lunedì 27 gennaio, non perda, al Teatro del Vascello (Via Giacinto Carini, 78- Tel. 065881021), l’appuntamento con Rai Radio 3.
Per la giornata mondiale della memoria andrà in scena lo spettacolo di Jean Claude Grumberg “La mamma sta tornando, povero orfanello”, seguito da un momento di riflessioni e testimonianze curate da Marino Sinibaldi direttore Rai Radio 3, insieme con rappresentanti della Comunità Ebraica.
Per chi non sarà a Roma, nessun problema: il canale culturale della radio italiana trasmetterà in diretta l’evento.
La shoah e l’odio ai tempi moderni
Il valore della memoria e del ricordo non deve essere smarrito.
Gli eventi da ricordare non riguardano solo lo sterminio del popolo ebraico, ma ogni forma di violenza, diretta verso singoli o intere etnie.
Il passato deve insegnare e non giustificare un presente caratterizzato più che mai da un odio continuo che serpeggia tra gli uomini.
Dobbiamo interiorizzare le parole di Liliana Segre, che ci invita a reagire in nome di un’umanità unita e fraterna.
“L’indifferenza è più colpevole della violenza stessa. È l’apatia morale di chi si volta dall’altra parte: succede anche oggi verso il razzismo e altri orrori del mondo.”