Ieri sera sul palco in Piazza XX Settembre è stato consegnato il Premio Andrea Barbato per l’edizione di Passaggi 2020 al giornalista Giorgio Zanchini. Nell’ambito della Rassegna Grandi Autori, Zanchini, ha presentato, conversando con Lorenzo Pavolini, il suo ultimo libro Cielo e Soldi (Aras).
Il tramonto di una stagione
Il libro parla di un mondo che cambia, si tratta del tramonto del ‘900: il tramonto di una stagione, di una cultura, di punti di riferimento nei quali il giornalismo è cresciuto. Zanchini sostiene che ciò che siamo vivendo è una crisi del giornalismo non solo culturale. Zanchini riporta nel suo libro il pensiero di Massimiliano Panarari secondo il quale la crisi del giornalismo sarebbe soprattutto frutto di una crisi della scena pubblica che vede il compiersi di un individualismo anche nel modo di consumare cultura.
Il lavoro del giornalista culturale diventa, pertanto, sempre più complesso. Una delle sfide più importanti sta proprio nel capire come trovare i nuovi lettori.
Nuovi lettori
La rivoluzione digitale ha cambiato davvero tutto nel modo di fare informazione. Nel ‘900 l’offerta era facilmente leggibile: il quotidiano cartaceo era “Uno straordinario fatto organizzativo” che ci dava un ordine nella lettura delle cose del mondo. Oggi i consumi dei più giovani e, più nello specifico, il modo di informarsi delle nuove generazioni è totalmente diverso, a cambiare è, indubbiamente, anche il modo di partecipare alla produzione dei contenuti culturali. Lo strumento che ha cambiato sostanzialmente il modo di informarsi è lo smartphone “Che ha, però, portato anche libertà, partecipazione ed emancipazione alla radio”, dice Zanchini.
La televisione digitale e la frammentazione dell’offerta
Con la televisione digitale e la frammentazione dell’offerta fare informazione è, per certi versi, più facile, sostiene Zanchini: “La cultura trova delle case molto ospitali“, si tratta di canali culturali che rimangono indirizzati ad un pubblico più di nicchia. La televisione generalista deve però continuare a tener conto dei numeri, “La capacità che hanno avuto alcune trasmissioni generaliste è stata riuscire a tenere insieme qualità, divulgazione ed intrattenimento”, afferma Zanchini, “È un modo di fare spettacolo tipicamente anglosassone, la spettacolarizzazione del sapere”.
Ricucire lo strappo
Pavolini fa notare come un elemento molto presente nell’informazione culturale sia la storia: vediamo il racconto storico sopravvivere e guadagnare molta centralità. “Si può pensare che possa essere il racconto della storia a ricucire lo strappo tra le nuove generazioni? Non serve per forza ad ogni generazione conoscere la propria storia?”, chiede Pavolini a Giorgio Zanchini. Il giornalista parla di una generazione caratterizzata da una grandissima orizzontalità e velocita ma anche da una certa carenza di verticalità e profondità: in questo contesto la storia potrebbe essere effettivamente lo strumento in grado di legare le generazioni. Zanchini racconta come, oggettivamente, il giornalismo italiano sia stato sempre attento alla dimensione storica.
Si può parlare di cultura solo se c’è controversia
Zancini e Pavolini continuano parlando di come la seconda metà degli anni ’80 sia stata l’età dell’affermazione della televisione commerciale, che indubbiamente ha imposto un tipo di linguaggio legato alla controversia, alla lite. Ciò però dipenderebbe anche dal fatto, dice Zanchini, che gli Italiani non hanno la cultura del dibattito regolamentato. L’elemento televisivo avrebbe, inoltre, secondo il giornalista, havrebbe corroso la qualità del discorso politico ed i social media avrebbero dato man forte a questo aspetto.
La mediazione
Il giornalista culturale è una figura di mediazione: “Un buon mediatore culturale deve connettere i significati”, dice Giorgio Zanchini. Si è persa la figura del critico militante che faceva da mediatore, “Oggi sulla base di cosa facciamo la nostra scelta nel consumare cultura?”, sicuramente la figura dell’influencer si è incanalata in questo sistema muovendo il mercato molto più di quanto possa fare un critico. Cosa deve fare allora un giornalista avvertito e capace?:
“Mettere in connessione tutti questi mondi, presidiare i luoghi in cui c’è circolazione di idee e segnalare i mondi che lui, in ragione della sua preparazione, frequenta e conosce e quindi consigliare. Deve essere un filtro avvertito.”
Il mediatore in un certo senso è, secondo Zanchini, equiparabile ad un genitore o ad un insegnante che dia verticalità ad una generazione, quella dei giovani di oggi, in grado di usare sapientemente molteplici strumenti culturali. Questo compito, conclude il giornalista, lo sta già adempiendo la scuola: “È lì che bisogna investire”, conclude.
La consegna del Premio Andrea Barbato
Alla fine dell’incontro salgono sul palco Ivana Monti Barbato, Nando Dalla Chiesa e Ludovica Zuccarini per la consegna del Premio giornalistico Andrea Barbato, per il merito di aver esercitato la professione giornalistica con sapienza, onestà e competenza.